monte bianco pilastro rosso del brouillard

PILASTRO ROSSO
DEL BROUILLARD VIA BONATTI


13 luglio 1991

Quota 3650,
Colle dell’Innominata. Fra le nuvole ormai nere che ci avvolgono, come in un
incubo, si materializzano davanti a me i sogni e le paure delle letture
giovanili.

Vedo la
Blanche, il Pilier d’Angle e più sotto il ghiacciaio del Freney con i suoi
mille crepacci. Sto per essere sorpreso da una bufera nel cuore del Bianco,
come Bonatti o Desmaison. Ma questa volta ci sono io in mezzo! Ed il bivacco,
punto grigio nel granito rosso, è troppo lontano….ancora.

Siamo alla terminale.
La neve fradicia e friabile cede sotto il nostro peso. La visibilità è scesa a
zero. L’aria è carica di elettricità. Una piramide umana e Bubu è su, sul
pendio di ghiaccio nero e roccette che porta al bivacco Eccles. Salgo anch’io,
tirato di peso dalla forza del mio amico, che pazientemente nelle ore
precedenti, sotto un sole da favola ed un caldo estenuante, mi ha convinto a
proseguire su per la morena prima ed il ghiacciaio poi, vincendo con una
dialettica che nessuno mai gli riconoscerebbe la mia riluttanza e la mia
stanchezza.

Inizia la
bufera: pioggia, vento e poi grandine e fulmini. Tanti fulmini. Sul pendio
scendono rivoli di acqua gelata che ci inzuppano i vestiti. Vedo un fulmine,
veloce e preciso, centrare la Punta Innominata, grande e meraviglioso
parafulmine della natura. L’elettricità fa rizzare i capelli. Non ho più
stanchezza addosso e neanche paura. Anni di esperienza escono dai miei nervi e
dal mio corpo. Voglio arrivare al bivacco! Iniziamo a correre su per il pendio,
fra sassi e ghiaccio, senza vedere la meta, con i fulmini che ci sfiorano.
Abbandoniamo zaini e piccozze per essere più veloci, per non attirare i fulmini
o forse solo perché il nostro cuore pulsa pazzamente per la fatica e la quota.
Eccolo! 5 metri alla nostra sinistra. 5 metri di ghiaccio vivo ad 80° battuto
da piccole ma insidiose valanghe. Non abbiamo più le piccozze e solo io ho i
ramponi ai piedi.

Non passeremo
mai così. Una sola speranza, sopra di noi, ancora più su il vecchio
bivacco…piccolo…con i vetri rotti forse…

Un’altra folle
corsa fra fulmini e valanghe e siamo dentro.

Sono sfinito e
fradicio.

Alla prima
schiarita giù di corsa passando per un’altra strada; recupero lo zaino ed entro
nel bivacco. Breve riposo. Ora Bubu deve uscire di nuovo, con i miei ramponi
per recuperate il resto del materiale. 10 minuti in cui ogni 30 secondi urlo la
mia disperazione al vento, per guidarlo indietro; perché restare da solo in
questa scatola… nella bufera…

Il giorno dopo
il sole è splendido; 20 cm di neve nuova imbiancano la montagna, ma il pilastro
è là, bellissimo.

Il canalone
iniziale, poi il diedrino d’attacco dove la corda si incastra e devo salire
slegato con gli scarponi. Poi il sole di nuovo e le scarpette leggere e su,
sempre più su, fino in cima…in cima al Pilastro Rosso. Le doppie non vogliono
scorrere e si incastrano un paio di volte. Ma poi recuperiamo tutto, corde,
scarponi, zaini. Sono sfatto. Perdo tre volte la cioccolata della merenda e per
tre volte la recupero più sotto; alla fine riusciamo a mangiarla e l’ultima
doppia ci deposita sul ghiacciaio.

Nelle ombre
della sera la Val Veny splende 2500 metri più in basso, meravigliosamente
verde.

Sono distrutto
dalla gioia, dalla fatica, dall’emozione, dalla disidratazione, da me stesso.
Ringrazio Bubu ed il cielo azzurro del tramonto….Forse ho vissuto il mio
giorno più grande.

Mi sveglio di
soprassalto: sta nevicando a larghe falde. Sento dei passi, due ragazzi si
ritirano dal Pilone. Strano trovarsi così alle 5 del mattino a 3850 metri
durante una bufera e parlare delle Dolomiti, e della Brenva, come in un
salotto. Il mal di testa che mi opprime da due giorni non accenna a placarsi.
Vedendo il casco di Bubu ci chiedono se siamo tutti e 2 Aspiranti. Io? Io
aspiro solo a tornare a casa!

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